Il ministro Alessandro Giuli torna davanti alle commissioni Cultura, ironizzando sui suoi “raptus teoretici” e rispondendo alle critiche.
Alessandro Giuli, ministro della Cultura, è tornato davanti alle commissioni Cultura di Camera e Senato il 7 novembre per proseguire la presentazione delle linee programmatiche del suo ministero.
Questo secondo incontro arriva a breve distanza da un precedente intervento che aveva generato molta curiosità e dibattito.
Il ministro ha risposto alle domande dei parlamentari con tono più pacato e, sorprendentemente con un’autoironia.
L’intervento di Giuli e l’autoironia sui “raptus teoretici”
Come riportato da Open, il ministro Giuli ha risposto ai vari interventi con un atteggiamento quasi scherzoso, ridimensionando l’immagine del “ministro teorico” che il suo primo discorso aveva creato.
“Abbiamo destinato 10,5 milioni al sostegno di attività per l’inclusione sociale, per il riequilibrio territoriale, per le periferie“, ha spiegato il ministro. Aggiungendo con ironia: “Uno dei punti che mi avete sentito citare con una particolare enfasi – l’8 ottobre – al netto di qualche raptus teoretico“.
Il ministro ha inoltre affrontato i cambiamenti avvenuti nel suo staff, spiegando: “Il cambio di squadra è naturale, lo staff precedente era di altissimo livello, così com’è quello attuale“.
Le critiche contro il ministero della Cultura
Tra le prime a intervenire, Elisabetta Piccolotti di Alleanza Verdi e Sinistra ha criticato Giuli per l’orientamento filosofico del suo intervento dell’8 ottobre.
“A differenza di quanto afferma, il ministro non deve orientare la cultura, non deve fare l’editore, il regista, lo scrittore. “, ha aggiunto Valentina Grippo di Azione, sottolineando come Giuli avesse difeso il suo predecessore Sangiuliano.
Dal lato opposto, esponenti della maggioranza, come Rossano Sasso della Lega, hanno manifestato apprezzamento per un approccio che contrasti quelle che ha definito “derive progressiste” come l’introduzione dello schwa e della cancel culture.
“La vittoria di Donald Trump è la vittoria di chi si è ribellato anche al conformismo repressivo nel settore della cultura e repressione di chi con una furia iconoclastica ha portato l’ideologia woke, la cancel culture, persino nelle fiabe“, conclude.